lunedì 10 ottobre 2011

FON – Full Of Noise Festival


Barrow-in-Furness - Cumbria 05/06 Agosto
Durante il periodo estivo l’Inghilterra diventa terra di festivals, alcuni di essi a dire la verità sono più dei grandiosi luna park dove tutto attira l’attenzione tranne che la musica. È per questo motivo che dirigo il mio sguardo in questo paese all’estrema periferia nella regione della Cumbria, dove immerso in un’atmosfera molto “familiare” riesco a ritrovare quel calore e quella passione che non finiscono alla conclusione dell’act degli artisti. Ma andiamo con ordine: nella serata del venerdì presso il Bluebird, pub che sembra uscito da un film di Ken Loach, con tanto di odore di birra versata sulla moquette, arrivo giusto in tempo per l’esibizione di Anchorsong aka Masaaki Yoshida, giapponese di base a Londra dal 2004, che con l’uso di una tastiera e di un sampler (MPS2500) riesce, attraverso la sua vibrante energia, a regalarci un set dove lo scontro tra Hip-Hop, Elettronica e Nu Jazz si integrano con il beat catalizzando l’attenzione di un pubblico fino a questo punto un po’ distratto. Subito dopo è la volta di Dopplereffekt, motivo della mia venuta al FON; 

Gerald Donald e Michaela To Nhan Le Thi, completamente vestiti di nero e con maschera sul volto, conducono un set dove l’aspetto umano viene completamente messo da parte, l’ossessione per la ricerca scientifica ben rappresentata anche dai visual, creano un’ atmosfera glaciale ancora più marcata dall’assenza di comunicatività del duo che attraverso un suono che può ricordare a tratti la scuola kraut-rock, Kraftwerk in primis, riesce a distaccarsi da facili paragoni in virtù della predilezione per un aspetto più free-form con delle virate ambient che riportano il tutto a un aspetto più umano e “terrestre”. Se ci fosse bisogno di dare un voto all’esibizione questo sarebbe più che positivo, avvalorato ancora di più dal fatto che il progetto sembra abbia deciso di concedersi di più al suo pubblico, visto che sono in programma altre apparizioni in giro per l’Europa. Qualche minuto di pausa e la serata prende una svolta decisamente più dance con le esibizioni di Boxcutter aka Barry Lynn  e Lone aka Matt Cutler, che attraverso un sapiente uso di beat  riescono a creare un’ambient calda e piacevole riportandoci indietro agli anni 90 tra breakbeat techno e gradevoli ricordi in 808 State style. Il secondo giorno ci concediamo il pomeriggio a spasso per il Barrow Park tra installazioni sonore, un campo da minigolf dove a ogni buca corrisponde un suono creando così un piacevole caos tra i piccoli avventori, un Open Source SwanPedalo su cui sono montati un giradischi e un’antenna radio che, navigando sul lago artificiale, trasmette nell’etere una colonna sonora; il progetto è già stato utilizzato a Leeds e Liverpool per dei reading di poesie e un concerto acustico!! Nella serata ci spostiamo alla St John’s Church, ubicata nei docks e circondata da capannoni giganteschi dove vengono costruiti i sommergibili per la flotta navale di Sua Maestà la Regina, per assistere al tributo che AGF, Philip Jeck, Tetsuo Kogawa, Tom Scott e Lee Gamble renderanno alla città di Barrow, visto che gli organizzatori hanno chiesto agli artisti invitati di trasporre in musica la loro esperienza in città.

Si parte subito con un’ispirata AGF che con l’aiuto di quattro coriste prima e tre bambini poi , tra cui sua figlia, lascia poco spazio all’elettronica e dedica quattro suites al vento e al mare, attraverso il suono emesso soffiando dentro i microfoni, poi riprocessato sul finale della performance creando un effetto estatico di rara delicatezza. E’ poi la volta di Tom Scott,  giovane compositore locale che con un sottile gioco di forme astratte, tra silenzi e incursioni in territori drone, riesce a descrivere bene le contraddizioni della cittadina immersa nella verdissima Cumbria ma che si affaccia su una realtà fatta di acciaio e sudore. Un piccola pausa nel vicino circolo over 60’s per una birra locale e quattro chiacchiere con gli organizzatori e poi è la volta di Lee Gamble con una suite brevissima; destrutturando e usando i detriti del suono l’artista non convince più di tanto, forse anche lui se ne è accorto visto che alla fine del set se ne va senza lasciare traccia. Subito dopo è la volta di Philip Jeck,


artista che nel corso degli anni è sempre riuscito ad evolvere la sua ricerca senza mai porre un limite alla destrutturazione e ricomposizione del suono; in questo caso omaggia il festival di un live che parte da lontano: con l’utilizzo delle immagini e dei video che lui stesso ha registrato raggiungendo in treno Barrow proiettati sul soffitto della Chiesa nonché dei suoni, cui si aggiungono quelli di due vinili acquistati in un Charity Shop della città (immancabili sul tavolo due turntables) ha dato vita a una performance particolarmente ispirata di rara delicatezza e malinconia, ben supportata anche dall’utilizzo del basso che con  la sovrapposizione dei vari effetti sonori crea un sussurro melodico, strappando un’ovazione al pubblico in sala. Siamo in chiusura e, dopo una seconda pausa al pub, ci apprestiamo a seguire il live-performance dell’artista giapponese Tetsuo Kogawa: sua la campagna di liberalizzazione dell’Fm nella terra del Sol Levante che ha leggi molto restrittive in merito.


Attraverso l’utilizzo di due radio a transistor e di due microfoni costruiti on-site con cd e filo di rame alimentati da due batterie,  ha creato un soundscape fatto di screzi e frequenze mai fastidiose ma che hanno reso l’idea di libera trasmissione con tecniche casalinghe, che sono state anche la base delle radio pirata negli 80’s; più un manifesto di open source che un live vero e proprio, ha catalizzato l’attenzione del pubblico sul dopo performance con l’artista che spiegava la tecnica e l’idea alla base del suo progetto.  Come detto in apertura di articolo, un Festival che ha permesso di portare a tutti la conoscenza di suoni “altri” attraverso un approccio mai intellettualmente inavvicinabile, vedi I workshop con i bambini delle scuole elementari, ma con la voglia di fare incontrare persone con una colonna sonora di ottima qualità. Un grazie per la calorosa accoglienza a John Hall, curatore dell’evento.
(Blow Up - Ottobre '11)

Bjork performs “Biophilia” World Premiere


Campfield Market – Manchester 03 Luglio
Il tam tam mediatico che ha anticipato la serie di sei concerti che Bjork ha tenuto a Manchester, a battesimo del suo nuovo lavoro che uscirà a settembre mentre sono previsti live in altre otto città del mondo per un totale di tre anni di tour, ha portato gente da ogni dove curiosa di assistere alla nuova avventura del folletto islandese.Si è dimostrata un’ avventura ricca di novità soprattutto per quanto riguarda l’aspetto multimediale del live, definito dalla stessa Bjork come una celebrazione della natura unita a tecnologia e musica, il tutto interconnesso ad applicazioni per i-pad e i-phone che permetterà a tutti gli appassionati di creare le proprie versioni delle canzoni. Il live si è tenuto nella Vittoriana Market Hall con l’audience disposta tutta intorno al palco dove, sopra le nostre teste, campeggiavano sei immensi schermi; ai lati del palco una serie di strumenti appositamente ideati per questo nuovo progetto, dalle arpe a pendolo che con il loro oscillare attraverso la forza gravitazionale creano un suono celestiale, il “gameleste”, sorta di ibrido tra un organo a canne e il gamelan, il reactable, una tavola digitale su cui i blocchi sono spostati per creare suoni, e una bobina di Tesla che insieme alla voce preregistrata di David Attemborough aprirà lo spettacolo spiegando cosa è Biophilia. Da subito si ha l’impressione che il difficile equilibrio tra musica, immagini e voce sia leggermente sbilanciato verso un uso preponderante di quest’ultima che con l’aggiunta dell’ Icelandic Choir, parte oramai integrante del lavoro della Nostra, crea una sorta di storytelling che ci accompagnerà nel viaggio stupendo della vita tutta tra immagini di pianeti, fenomeni naturali, virus che aggrediscono il Dna, il tutto sovrastato dalla voce della ragazza Bjork che aggiunge un elemento ultraterreno allo spettacolo. La scaletta, che comprende buona parte dei brani che saranno inclusi nel nuovo lavoro, sorprende sopratutto per come, a differenza dei precedenti album, la musica non sia parte portante del tutto, ma semplicemente sussurrata, salvo in alcuni casi come nel singolo Crystalline che nella versione live enfatizza ancora di più il finale del brano con un inequivocabile rimando a suoni di Aphex Twin memoria. Impressiona soprattutto come nelle vecchie tracce, vedi Joga, All Is Full Of Love, resa magica dall’utilizzo delle giganti arpe-pendolo e in chiusura di live Declare Indipendence con un taglio “rave”, gli strumenti siano uno strumento di gioco. Il risultato è decisamente soddisfacente anche se, volendo cercare il pelo nell’uovo, si poteva bilanciare meglio l’uso della musica che a tratti risulta quasi inesistente, ma questo non toglie nulla alla genialità di Bjork che ancora una volta, nel bene e nel male e tra mille se e ma, resta una delle figure di spicco dell’avanguardia di questi ultimi vent’ anni, in attesa del 26 settembre, data di uscita dell’album anche come “app per i-pad”.
(Blow Up - Ottobre '11)

Demdike Stare


Digifest- Salford – Manchester 11 Giugno
Il duo mancuniano, il cui moniker fa riferimento a una strega del XVII secolo da cui forse nasce anche l’alchimia dei suoni, nato nel 2009 e formato da Miles Whitaker e Sean Canty, è acclamato per il triplo cd “Tryptych”; questa compilation di tre lp’s usciti nel 2010, in cui confluisce tutto il background del combo fatto di elettronica organica, influenze asiatiche e destrutturazioni dub estrapolate da vinili di ogni parte del globo, è ben supportato dal vivo da una parte visual che pesca a piene mani dai b-movies anni 70 della BBC e dal film di Jean Rollins “Le Viol Du Vampire”, creando un’atmosfera da fine del mondo fatta di mondi oscuri, serial killer e rituali pagani.

Le immagini, intersecandosi con la musica quasi priva di beat salvo alcuni sporadici momenti di accelerazione con i video debitamente mandati in loop, creano un effetto di angoscia perenne e riescono a catalizzare l’attenzione del poco, purtroppo, pubblico di casa. Attraverso una combinazione vincente di suoni con un forte accento industrial, soprattutto nella prima parte del live, ogni brano trascina l’audience attraverso diversi paesaggi sonori, gradualmente spostando i sensi tra calma apparente, paura ed erotismo, ma con un giusto equilibrio, senza formare uno stato emotivo unico durante tutta l’esibizione. Con un sapiente uso dei bassi riescono a creare quell’ipnotismo mentale che ti trascina sempre più dentro le immagini che scorrono sullo schermo attraverso un moto perpetuo astratto e, unito alle incursioni in territori jazz, rendono efficacemente quella dimensione “noir” che ci accompagnerà per tutto il corso dell’evento. Diventa davvero difficile, alla luce dei fatti, riuscire a catalogare la loro musica, ancora di più dopo il loro act così intriso di tutta quella cultura pagana di cui la terra d’Albione è stata portavoce nel corso degli anni passati e che oggi annovera tra le sue file dei nuovi alfieri. P. s.: chi capita dalle parti di Manchester, l’ultima domenica di tutti mesi a partire dalle 4pm, faccia un salto al Common Bar dove troverà i due “stregoni” a far girare i piatti per rendersi conto di quanto possa essere eclettica la loro selezione: ci vediamo lì!
(Blow Up - Ottobre '11)