sabato 26 marzo 2011

Primal Scream

20.03.11 Apollo - Manchester

Band e artisti che suonano dal vivo album seminali, nel corso degli anni, se ne sono visti tanti (Sonic Youth, Suede, Lou Reed, Peter Hook), quasi questa pratica fosse diventata un luogo comune: a scanso di equivoci ho sempre avuto un’adorazione per Screamadelica.; lo reputo un album che ha saputo racchiudere in sè la storia, tutta, della musica degli ultimi trent’anni del 1900!! E quindi non potevano sicuramente mancare neanche Bobby Gillespie e la sua creatura Primal Scream al doppio appuntamento mancuniano per celebrare i vent’anni dell’album. La folla inizia a riempire il Manchester Apollo, ex cinema, ora uno dei templi della musica in città, con facce abbastanza grandi per apprezzare l’album e giovani che forse avevano ascoltato il disco dai loro fratelli maggiori; il warm up è  tutto incentrato sul dj set di Sua Signoria Andrew Weatherall, che nella sua semplice selezione di brani sfoggia la maestria della sua eccezionale conoscenza musicale spaziando dal punk al dub, senza soluzione di continuità, per arrivare a chiudere il suo set, proprio mentre i nostri sono pronti a fianco del palco, con PIL e Simple Mind: chapeau!!! Ma ecco finalmente si spengono le luci e subito il logo di Screamadelica compare sullo sfondo: uno ad uno tutti i membri arrivano sul palco, per ultimo Bobby in un completo nero con camicia rossa fuoco che fa molto 60’s, in evidente stato di agitazione psicomotoria. Subito parte “Movin’ On Up” e ti rendi conto di quanto sia un’occasione unica ascoltare questi brani, che in qualche modo ho accantonato negli anni, in versione live.

L’avventura acida di “Don’t Fight It Feel IT”, con quella linea di basso che quasi ti blocca la respirazione, “Higher Than The Sun “ (Pt1&2) eseguita in tutto il suo splendore dub, la gente balla salta urla, è una catarsi da cui è difficile uscir fuori, sono i dodici minuti più lunghi del live, una suite interminabile che sfocia in un finale psichedelico di fiati, chitarre ed effetti; il rimescolamento della tracklist rispetto all’album è stata studiata  proprio per il gran finale. Oltre ad essere i brani più lunghi come minutaggio, sono anche quelli che preparano a un' esplosione di luci, colori, emozioni che ti fanno pensare a quanto sei fortunato nel poter assistere a questo evento. Come se non bastasse parte in loop il dialogo di Peter Fonda “Just what is it that you want to do? We wanna be free. We wanna be free to do what we wanna do. And we wanna get loaded.” “Loaded” con il suo tripudio di trombe e cori gospel; oramai l’audience e i Primal si fondono in una cosa sola, lo vedi negl’occhi della gente, nell’oscillare di mani e nell’ondeggiare di un pubblico che vorrebbe questo sogno non finisse mai; ma c’è ancora tempo per quella che a tutti gli effetti è la traccia che sancisce l’unione tra Bobby e la platea: “Come Togheter” arriva a chiudere questa notte di celebrazione con il pubblico, tutto, che canta “Come Togheter As One” , di un album che suona fresco, innovativo e avventuroso come sempre lo è stato in questi 20 anni. Mi raccomando: se passano dalle vostre parti non fateveli scappare!
“Come Togheter As One”

giovedì 24 marzo 2011

A Taste Of Sonar

19.03.11 Roundhouse - London

Per il terzo anno consecutivo Il Sonar torna a Londra nella prestigiosa location di Chalk Farm Road per quella che è considerata la premiere del Festival che si terrà a Barcellona il 16/17/18 Giugno prossimo. La line up che comprendeva nove artisti suddivisi in due stage, vedeva alternarsi nel Red Bull Space Braiden 

(London-Uk) con un set non entusiasmante, forse dovuto alla quasi totale assenza di pubblico, dove tra linguaggi house  e bassi dubstep con una sofisticata tecnica di mixin’ riesce comunque a creare un amalgama mai scontato. Giusto il tempo di spostarsi nel main stage dove prende posizione  
Noiapre (Galicia-Spain), anche lui penalizzato da una sala praticamente deserta,  che snocciola i suoi potenti beat tra grime e hip-hop. Subito dopo è la volta di  Dels,

viene definito il nuovo talento del British Hip-Hop, che si esibisce in un live di una tristezza a dir poco imbarazzante, dove tra un Dizzee Rascal che incontra una Bjork di “Vespertine” fama,  la sensazione è di un melting-pot non riuscito (ero vicino al mixer e devo dire che io e il tecnico ci guardavamo sbigottiti di fronte a siffatte nefandezze…). Giusto il tempo di riprendere fiato nell’altra sala per ascoltare e apprezzare il live di  

Tiger & Woods (Italia) tra digressioni House, Italo Disco, e Cosmic – apprezzati anche dal pubblico che incominciava ad assiepare lo stage “minore”, ed eccoci di nuovo nella sala “grande”per lo show di  


Buraka Som Sistema (Portogallo), occasione per me di vederli finalmente con la band al completo; il loro è un progetto live completamenete nuovo, virato per il dancefloor. Il combo non ci mette molto a creare il giusto mood e sembra quasi che nulla divida il palco dalla gente sotto, che ora è veramente tanta!!! La tracklist è quasi interamente dedicata al nuovo album che deve ancora uscire con, in aggiunta, un’ eccellente versione di “Buffalo Stance” di Neneh Cherry dando al pubblico uno spettacolo ad alta tensione. Purtroppo non riesco a seguire (giusto dieci minuti, pochi per dare un giudizio) il set di  
 
Benji B (London-Uk), già titolare di un programma radiofonico sulla prestigiosa BBC1 tra Hip-Hop, dubstep e Broken Beats e il tempo della seconda guest star nel main stage :The Gaslamp Killer
 (Los Angeles-USA); ibrido tra live e dj set, Benjamin Bensusses mette insieme uno dei live piu’ iconoclasti e rivoluzionari cui mi sia capitato di assistere, quasi sopraffatto dai suoni e dalle urla del nostro in una vertigine allucinatoria. Siamo quasi in chiusura di serata ma c’è ancora il tempo e la voglia di sentire quello che a detta di tutti è “the godfather of the Uk garage”,  Mister Mj Cole 

con un dj set dove ha mostrato tutte le gemme del funky made in Uk riuscendo a far muovere qualche centinaio di persone in uno spazio diventato decisamente invivibile sia per il caldo asfissiante che per la quantità di bicchieri di plastica e birra sul pavimento, quasi a rischio rottura del menisco. Concludendo credo che il Sonar oramai dopo tanti anni non abbia assolutamente il bisogno di attirare pubblico facendo questi mini festival che non lasciano nella mente un ricordo indelebile, la verità è che, soprattutto per alcuni artisti presenti (leggi Tiger&Wood e MJ Cole), avere un’ora a disposizione è veramente frustrante visto che in 60 minuti devono giocarsi la carta della credibilità , e di questi tempi dove tutto corre veloce, non è assolutamente facile.