venerdì 13 gennaio 2012

The Fields + Walls


The Deaf Institute – Manchester 21 Novembre
Il mio interesse per questa serata era particolarmente mirato al live dei Walls; quando ho scoperto che erano “solo” il gruppo di spalla sono rimasto un po’ deluso visto che “Coracle”, il secondo album del duo Anglo-Italiano basato a Londra, negli ultimi tempi aveva girato parecchio sul mio lettore. Riuscire a condensare in poco meno di un’ ora così tante influenze e immaginari sonori senza cadere nel banale non è facile, ma i Walls riescono benissimo nel loro intento partendo dal krautrock (Cluster e Popul Vuh su tutti) e, attraverso un uso sapiente di elettronica e campionatori, sono in grado di abbracciare sia i fans della Kompact Records che gli ascoltatori di musica da ballo senza mai dimenticare quelle lande invernali silenziose e malinconiche, mormorii drone con una chitarra-sinth sempre presente.

Il duo “sguazza” in modo astuto in esercitazioni mai banali o semplicistiche di idee del passato con ritmi scoppiettanti uptempo, mai fuori luogo, per poi svanire improvvisamente nel quasi-silenzio. Una prova egregia, visto l’hype generato da tante riviste di settore e dal fatto che i Walls sono stati chiamati a ottobre ad aprire i live dei Battles nel tour americano, incantati dal gioco di confine dei generi musicali che riescono a dissolversi in incipit techno di rara sensibilità estetica. Pochi minuti di pausa per preparare lo stage al guest della serata, lo svedese Alex Willner aka The Field, anche lui di casa Kompact Records; il suo album di debutto”From Here We Go Sublime” del 2007 è balzato agli onori della cronaca come  disco più acclamato dell’anno secondo Metacritic,  incluso nella Top100 di Pitchfork degli anni 2000! Giocando sapientemente sull’idea del loop reiterato quasi all’infinito, caratteristica della musica dance necessaria per tenere il ritmo, dal vivo si presenta accompagnato da un batterista e un bassista. Ogni minima sfumatura di suono viene sovrapposta combinando una vera e propria evoluzione sonora con l’utilizzo di “campioni” vocali che dilatano ancora di più l’immaginario paesaggistico astrale, creando uno stato di trance attraverso la ripetizione dei più semplici elementi, dilatando lo spazio e il tempo all’infinito, producendo una tensione spastica che solo il sapiente utilizzo dei loop vocali riescono a smorzare. Nulla si muove ma tutto cambia in quest’ora abbondante di live, anche se alla fine il buon Alex eccede un po’ troppo con l’utilizzo di questo trucco, creando l’unico punto debole di un artista che lavora molto più con la testa che con il cuore.
(Blow Up - Gennaio 2012)

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